Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

giovedì 29 maggio 2014

L'assolutismo renziano

di Christian Raimo

Dagli 80 euro al "disastro Berlusconi", passando per l'apocalisse di Monti. Il successo di Matteo Renzi spiegato in undici punti

Nessuno si aspettava un risultato così clamoroso per il Pd. Figuriamoci io, che scrivevo due giorni fa un articolo in cui dicevo che era spompato. Nessuno tranne Matteo Renzi stesso che nel 2012, nella corsa alle primarie contro Bersani, dichiarava: il mio Pd può arrivare al 40 per cento, il loro al massimo al 25. Ha avuto ragione, e altri - molti, mi ci metto nel mucchio - hanno avuto torto. Ma i motivi (i meriti e le fortune, del resto occorre essere golpe et lione) per cui Renzi ha stravinto sono molteplici, proviamo a elencarne solo i primi che saltano all'occhio.
Gli 80 euro
Mossa elettorale? Elemosina? Primo timido tentativo di una redistribuzione economica dalle rendite al reddito? Fatto sta che a me venerdì, ossia due giorni prima del voto, nella scuola dove lavoro mi hanno fatto firmare un foglio su cui dovevo autocertificare se ero nelle condizioni di beneficiare del bonus. Credo di non essere stato il solo. Non ci vuole molto per ricordare come la campagna elettorale di Forza Italia per le politiche 2013 si sia retta esclusivamente su una serie di finte lettere in cui si "restituiva l'Imu". Ha avuto ragione Renzi nel dire che quegli 80 euro sono uno stimolo ai consumi di quel ceto medio che è la sua base elettorale (una pizza, due libri, un concerto, una bolletta). Almeno per maggio.
(Perchè, per dire, il giorno stesso, sempre venerdì, mi è stato comunicato che probabilmente il lavoro di consulenza storica che faccio da due anni per Rai Storia non mi verrà prorogato l'anno prossimo, perchè i 150 milioni di tagli - necessari per recuperare i miei 80 euro - si abbatterranno sulle reti tematiche - Rai Edu, in primis - e sulla radio.)
Le amministrative
Il voto delle europee coincideva in due regioni e molti comuni con le amministrative. Che sono storicamente elezioni che favoriscono il centrosinistra. E in questo caso molti dei candidati del Pd locali erano molto più forti degli altri, vedi Chiamparino in Piemonte, o Nardella a Firenze. In più il voto contemporaneo delle amministrative ha limitato molto l'astensionismo.
Il disastro Berlusconi
Quella di Berlusconi è stata la peggiore campagna elettorale dal 1993. Bolso, stonato, in uno stato di pre-Alzheimer conclamato, non ha creduto nemmeno lui alla tenuta di Forza Italia. Marina!, deve aver pensato con una specie di esprit de escalier quando ieri ha visto il successo di Front National in Francia. Quando poche settimane fa sparava un obiettivo del 25% sembrava farlo per motivi d'ufficio, un piazzista che appena si spegne la telecamera vende sottocosto. Nel frattempo il terreno intorno a lui franava come nelle pagine finali di una copia fallata dell'Autunno del patriarca: Bonaiuti e Bondi l'avevano abbandonato come due vecchi compari che non gli regge più, Scajola riceveva l'ennesimo e forse definitivo colpo alla sua credibilità politica gangsteristica, Dell'Utri borbottava singulti da satrapo in declino piantonato in un ospedale a Beirut. Per un partito d'opinione, un partito leggero, che si è retto per vent'anni sull'immagine, non è stato il massimo. A tener su la baracca sono rimasti Santanchè, Brunetta e Toti - ossia tre figure repulsive. A prendere voti, alla fine, sono stati quelli che hanno le loro clientele locali, tipo Fitto.
L'apocalisse Monti
Mario Monti è stato una delle meteore che ha bruciato più in fretta della Seconda Repubblica. Più rapido di Lamberto Dini, di Mario Segni, di Gianfranco Fini, il suo disegno moderato - si è capito subito - era uno spin-off di una serie che doveva essere solo messa in produzione. Che bisogno c'era di Monti se lo stesso tipo di passaggio politico poteva essere gestito da Renzi? Le parole di Andrea Romano, capogruppo alla Camera, sul sito di Scelta Civica o sulla sua pagina Facebook sono il segno non di consapevolezza, ma di resa ("Da oggi si apre una riflessione sul futuro di Scelta Civica che dovrà essere libera e priva di qualunque inibizione"). I commenti non gli concedono nemmeno l'onore delle armi. È molto probabile che Romano, Giannini e gli altri - sempre meno - sciolgano il loro gruppo parlamentare nel Pd. I loro elettori li hanno semplicemente preceduti.
Il voto cattolico
Matteo Renzi va a messa, Beppe Grillo no. I tentativi in chiusura di campagna di accattivarsi l'elettorato cattolico da parte dei Cinque Stelle sono stati scomposti. Papa Francesco segue il mio blog (Grillo dixit), Date una carezza a chi non vota 5 Stelle e dite che questa è la carezza del MoVimento (Casaleggio dixit). I due si sono accorti fuori tempo massimo che l'Italia non è un paese luterano, e che i processi di massa non sono ancora così popolari in un Paese abituato ancora a formare la sua etica sul sacramento della confessione.
La fatica di Tsipras
Con tutti gli auguri che si possono fare ai tre neo-eletti per l'Altra Europa, non si possono però, ex-post, risparmiare le critiche a un movimento che è riuscito a centrare il quorum per un pelo per colpa dei media certo che l'hanno ignorato ma anche dell'inesperienza e dell'innata litigiosità non solo caratteriale ma ideologica. Viale non era d'accordo con Flores D'Arcais, Sel non condivideva le cose che diceva Spinelli. Sentire i comizi italiani di Tsipras e le dichiarazioni d'intenti di Barbara Spinelli danno conto di un equivoco di fondo che, ottenuto il riconoscimento elettorale (un milione e centomila elettori non sono pochi) va risolto. Il molto buono che c'è in quest'esperienza si è visto nella capacità di nuova partecipazione che ha saputo creare nel vuoto pneumatico che si è creato a sinistra tra partiti e movimenti dopo le fiammate di Fabbriche di Nichi, movimenti per l'acqua, movimenti degli studenti, militanza di movimento in generale... Speriamo che le responsabilità vengano affidate a persone capaci e generose tipo Marco Furfaro (uno dei tre neoeletti) o Claudio Riccio, per evitare di aver bisogno la prossima volta di candidature-bandierine.
La comunicazione di Renzi
Renzi sa usare i mezzi di comunicazione e i giornalisti gli vogliono bene. Mi piacerebbe fare un'intervista a Filippo Sensi (responsabile ufficio stampa Pd) sul backstage di questa campagna elettorale, sono sicuro che avrebbe l'intelligenza per trarre fuori un ritratto di un valore simile a quello di David Foster Wallace al seguito di John McCain. Gli va dato merito di aver saputo - in pochi mesi - rinnovare completamente il brand Pd. Il fatto che D'Alema, Cuperlo, Fassino, Bersani siano scomparsi in campagna elettorale, è stato, alla luce del risultato, un bene. C'è una vecchia classe dirigente del Pd che è stata trattata bad company, ma, c'è da dire, come ci sia stata della scaltrezza al tempo stesso, se io mi sono ritrovato sulla scheda elettorale gente come Gasbarra o Bettini.
L'assolutismo renziano
Il Pd è Renzi. La decisione di non portare al governo nessuno che gli potesse fare ombra è risultata una scelta premiante. Il Pd è riuscito a vincere identificandosi totalmente con il leader. È riuscito a vincere non grazie a ma nonostante la Bonafè e la Picierno. I suoi uomini e le sue donne vivono della sua luce riflessa che riesce a occultare le molte ombre. La lotta contro la Kasta di Beppe Grillo non ha trovato gli obiettivi a cui mirare. Chiamare "ebetino" Renzi non è stato efficace quanto chiamare Bersani Gargamella.
Il ritardo della crisi
È vero che la crisi italiana è pervasiva, ma evidentemente non ancora strutturale. Il risparmio famigliare continua a dare ossigeno a molti disoccupati. Il fatto che il nostro paese sia veramente too big to fail ha permesso di aver un minimo di dilazione nell'assoggettamento ai dettami tedeschi. E quindi ha concesso a Renzi la possibilità di mostrare, almeno mostrare, una possibile inversione di rotta. La contrattazione con la Merkel sul Fiscal Compact, ora che i laburisti britannici sono un argomento di storia del Novecento e Hollande è solo uno che ha una tresca con Julie Gayet, sarà il vero banco di prova e del suo peso politico e della presenza di tracce di socialismo nel suo programma.
L'inerzia italiana
Ida Dominijanni ha scritto sul suo blog un bel post che così conclude: "Si parla adesso, per questo, di nuova Dc, ma è bene sapere che il Pd non è la Dc, è un animale nuovo figlio della seconda repubblica e non della prima, della società forgiata dal berlusconismo e non di quella plasmata dal dopoguerra. L'effetto di ritorno segnala al contempo quanto sia stata fragile la costruzione della seconda repubblica sul piano istituzionale, e quanto sia stata forte sul piano della trasformazione antropologica, sociale e delle identità politiche. Sono i miracoli delle rivoluzioni passive, che restano la caratteristica più singolare di questo singolare paese". Sembra inconfutabile, da Vincenzo Cuoco in poi, che in Italia non possa darsi una vera trasformazione sociale: non solo una rivoluzione dal basso - la retorica grillina ha incenerito per almeno un bel po' questa possibilità - ma nemmeno un rinnovamento dei dispositivi di fare politica. L'idea di partito di Fabrizio Barca o di Giuseppe Civati vengono purtroppo molto ridimensionate da quest'idea di partito-Stato che esce da questo plebiscito.
I brogli
Ci sono stati in molti seggi dei falsi di migliaia di schede con il simbolo del MoVi.... (ok, un pentastellato si è impossessato della mia tastiera per qualche secondo).

Elezioni europee, una crisi di valori

di Donatella della Porta

I risultati elettorali danno un forte segnale alle istituzioni europee, riflettendo la loro crisi di efficacia e di valori. Ma con questa nuova composizione del Parlamento, le critiche da sinistra a una Europa neoliberista possono trovare un nuovo spazio

Pur con diverse nuances interpretative, un’impressione ampiamente condivisa sui risultati elettorali è che essi riflettano una profonda crisi di efficacia, ma ancora di più di valori, delle istituzioni europee nel loro complesso (e non solo del parlamento europeo). L’elettorato ha innanzitutto penalizzato i conservatori del PPE, considerati come principali responsabili delle politiche di austerity. A prescindere dal loro sostanzioso declino in voti e in seggi, i Popolari europei si trovano a gestire un gruppo parlamentare sempre più eterogeneo e, in parte, per loro stessa ammissione, imbarazzante, sia nelle prese di posizione euroscettiche, che in termini di problemi di etica politica. Basti pensare che il partito di Berlusconi, seppure in caduta libera, diventa fondamentale per vantare quella superiorità numerica rispetto ai socialisti che permette a Juncker di vantarsi di essere arrivato primo.
Se il PSE si mantiene complessivamente stabile, i socialisti europei non possono però non preoccuparsi del profondo indebolimento dei loro partiti di riferimento non solo in Grecia o in Spagna, ma anche in Francia, dove Hollande porta il PS al peggiore risultato elettorale di sempre. Non solo il PSE non è riuscito ad avvantaggiarsi della crisi del PPE, ma anch’esso si presenta con un gruppo parlamentare trasformato, con un ruolo rilevante per quei partiti nazionali che, come quelli di Italia e Portogallo, hanno fatto campagne elettorali aggressive rispetto all’Europa che c’è e che chiedono un cambio di rotta.
Con i liberali che stentano, il PSE è anche costretto a riflettere sui successi elettorali di partiti alla sua sinistra che, seppure in modo territorialmente eterogeneo, ottengono clamorose vittorie, come Syriza in Grecia, ma anche significative affermazioni (come in Spagna, dove le varie formazioni della sinistra risultano competitive rispetto al PSOE). Se in generale la sinistra-sinistra ha scontato, in paesi come l’Italia, la forte sfiducia nelle istituzioni europee di almeno una parte del suo bacino elettorale – con oltre la metà dei cittadini europei che hanno scelto un’astensione in buona parte di protesta – essa porta comunque nel Parlamento Europeo un grande potenziale di idee per un’altra Europa. Quando le polemiche si saranno placate, sarà utile anche riflettere sulle domande, spesso di sinistra, che quel sempre consistente 21% di elettori del Movimento 5 Stelle avanza all’Europa.
Infine, a sinistra, e non solo, c’è da riflettere su quell’euroscetticismo populista di destra che esce vincitore da queste elezioni non solo nella periferia dell’Europa, ma anche nei paesi più ricchi e apparentemente meno sconvolti dalla crisi – come in Francia, in Austria o nel Nord Europa. Nella loro eterogeneità, anche gli elettori di questi partiti riflettono l’insoddisfazione diffusa per la politica e le politiche delle istituzioni europee.
Insomma, i risultati elettorali sembrano dare un forte segnale alle istituzioni della UE, che appaiono sempre meno capaci di sostenere sia le loro pretese di legittimazione regolatrice (di efficacia) che quelle di tipo simbolico (di valori e identità). Che prospettive, dunque? Con questa nuova composizione del Parlamento europeo, le critiche a una Europa neoliberista possono diventare più ascoltate e trovare risonanza. Non solo: esse potrebbero anche diventare anche efficaci di fronte agli errori, già manifesti, delle élites europee. In particolare, mentre Juncker, a fronte di una sonora batosta elettorale, del sostegno di un quarto scarso degli elettori (e di meno di un ottavo dei cittadini), con un gruppo parlamentare eterogeneo, già reclama la presidenza della Commissione europea, il PSE sembra consapevole dei rischi profondi che un’alleanza con il partito considerato come responsabile della crisi può portare ai destini del partito. Se non c’è da sperare che questo porti a maggioranze alternative, le richieste di discontinuità rispetto al passato potrebbero però ottenere qualche successo.

mercoledì 28 maggio 2014

Farisei con le mani sporche.

Di fronte al massacro di Donetsk e di Slaviansk, effettuato dall'alto, con la superiorità aerea, con caccia bombardieri, con elicotteri da combattimento (oltre che con mortai, cannoni, carri armati), mi viene in mente cosa accadde in Libia. L'intero Occidente strillò all'unisono chiedendo la "no fly zone" per l'aviazione di Gheddafi. E, con l'avallo delle Nazioni Disunite, fu stabilito che nessun aereo libico avrebbe più dovuto alzarsi in volo.
Oggi l'aviazione di Kiev bombarda la capitale del Donbass, uccide più di 200 persone, molte delle quali civili, e l'intera Europa (non parlo più del paese del nuovo nazismo, che si chiama Stati Uniti d'America) applaude all'arrivo degli oligarchi direttamente al potere a Kiev. Dico da mesi che la democrazia europea e occidentale è finita. Qui ne abbiamo la prova. Farisei con le mani sporche di sangue, Merkel, Cameron, Renzi, Hollande, e tutti gli altri a seguire.

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